Diario
24 luglio 2009
Su un articolo decisamente infelice
Molte cretinate in un solo articolo, per giunta malamente articolate l’una all’altra, e tutte galleggianti nella banalità: un pezzo decisamente infelice, come peraltro capita spesso ad Angiolo Bandinelli. Il bersaglio sono gli atei, e non è la prima volta: “Dio è il loro vero, necessario interlocutore. Perché possano così efficacemente discuterne, polemizzare e lottarci contro, perfino odiarlo, è necessario che Dio ci sia, esista in tutta la pienezza del termine. […] Più ci penso, più mi convinco che proprio gli atei sono i migliori propagandisti di Dio”.
Non ci pensa nel modo corretto, e dunque si va convincendo di una stronzata: gli atei non polemizzano contro il Dio di cui negano l’esistenza, ma contro quanti l’affermano e contro quanto ne dovrebbe discendere per tutti. Può darsi che talvolta la polemica arrivi ad essere assai aspra, può darsi che talvolta addirittura assuma toni aggressivi, possiamo anche chiamarlo odio, volendo: in realtà, ciò che manda in bestia un ateo, quando ce lo manda, è ciò che è stato costruito e ancora si costruisce sulla fede in ciò che proprio i credenti ammettono sia assurdo. Se e quando odiano, gli atei odiano la violenza esercitata sull’uomo in forza di quel credo quia absurdum che la produce e l’amministra, per lo più allo scopo di asservire gli individui. Sì, gli atei “vengono, per lo più, da una cultura nata in fasce illuministe, per la quale la religione è un inganno, un imbroglio, una truffa, se non oppio dei popoli”, e allora come si può commettere l’errore di credere che l’oggetto della loro polemica sia teologico, quando è chiaramente individuato nel marchingegno politico che si serve della teologia come strumento di asservimento? Di poi, alla “cultura nata in fasce illuministe, per la quale la religione è un inganno”, dovremmo preferire la cultura delle fasce oscurantiste, per la quale la religione è un indispensabile instrumentum regni? Potrebbe bastare questo, ma c’è altro. Perché Bandinelli non fa mancare mai il segno della malafede accanto a quello della insulsaggine.
“Pare che nel mondo vi sia una quantità di associazioni di atei, disinvolte e aggressive nella difesa delle proprie verità. Spesso, si fregiano della qualifica di «umanistiche», ritenendosi custodi ed interpreti dei più autentici valori dell’uomo e dell’umanità”. L’allusione è all’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (Uaar), che fa parte della Federazione umanista europea e dell’Unione internazionale etico-umanistica. Spesso impegnata in battaglie anticlericali che l’hanno vista accanto i radicali, la Uaar non ha mai avuto difficoltà a esprimere perplessità sull’anticlericalismo dei cristianoidi guidati da Marco Pannella, polemici verso la Chiesa ma essi stessi chiesa, con tanto di propria tradizione e propria liturgia, ma soprattutto con la forma mentis del credente (per quanto in altro). Non sono mai mancati attriti tra le diverse posizioni e, quando quelle radicali sono state espresse da Bandinelli, non è mancata qualche pernacchia. Con questo pezzo pare che il nostro voglia levarsi un sassolino dalla scarpa.
Problemino: questa tirata anti-atea è fatta dalle pagine di un quotidiano che si fregia del titolo di “ateo devoto”, che sempre ateismo è. Come levare il sassolino senza perdere la scarpa? “Degli atei devoti mi colpisce l’ossimoro della definizione. Una contrapposizione che cela un sottile connubio, mi pare. L’ateo devoto dice di essere, appunto, un ateo, un non credente in dio. Questo non credente, tuttavia, ritiene di dover restare devoto rispetto alle disposizioni di fede o semplicemente etiche emanate dall’autorità religiosa…”, segue estratto di Garzantina per la voce “devozione”, quindi: “L’ateo, come abbiamo visto, afferma e ha bisogno di Dio, il devoto è solo figura di superficiale beghinismo, dedito a pratiche esteriori o a esperienze misticheggianti. Ma resto perplesso, questa rappresentazione è banale. Gli atei devoti sono troppo bravi”. La scarpa è salva, forse, ma resta la perplessità. Vediamo se possiamo aiutare Bandinelli a mettersi l’anima in pace.
“L’ateo afferma e ha bisogno di Dio”. Qui non ripeterò ciò che ho già detto prima: l’ateo lo nega, non ne ha alcun bisogno. “Il devoto è solo figura di superficiale beghinismo, dedito a pratiche esteriori o a esperienze misticheggianti”. Questa definizione va bene per tutti i devoti di tutte le chiese, per esempio va bene anche per tanti radicali, Bandinelli compreso. L’archivio audio-video delle riunioni degli organi dirigenti della galassia radicale sta a disposizione, su radioradicale.it, di chi sulla “devozione” radicale voglia scrivere un trattatello di antropologia, un saggio di costume o un’indagine psicologica.
| inviato da malvino il 24/7/2009 alle 13:0 | |
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