Diario
5 marzo 2009
Proceda, signor Englaro
Ritengo del tutto legittima la decisione di Beppino Englaro di denunciare chi gli ha dato dell’omicida – penso al cardinal Javier Lozano Barragán, penso al senatore Maurizio Gasparri, penso ad Avvenire, a Il Foglio, ai cartelli dei militanti di Cl in assedio alla casa di riposo La Quiete, ai 122 blog che l’hanno definito “assassino”, “boia”, ecc. (fonte: technorati.com) – e non capisco con quale faccia tosta si possa biasimarlo. In realtà, il biasimo fa solo da involucro a minacce: “Può pure darsi che dopo lunghe e cruente battaglie legali, dentro e fuori i tribunali, in quel tritacarne che ormai ben conosce, alla fine lei vinca… Ma a quale prezzo?” (il Giornale, 5.3.2009). Perché non ne avrebbe diritto? “Non c’è bieco cinismo, non c’è niente di spregevole nella finalità dell’azione”, concede il Giornale, visto che “i soldi eventualmente incassati non entreranno nei suoi conti bancari, […] andranno a finanziare una fondazione nel nome di Eluana, per sostenere battaglie di civiltà”, ma non offre argomenti convincenti a sfavore, solo intimidazioni: “Voleva il silenzio? Avrà un’altra guerra!”. Personalmente plaudo alla decisione di Beppino Englaro e l’idea di una fondazione dedicata alla memoria di sua figlia mi pare cosa assai bella. Non mi è chiaro, però, perché sarebbe cosa “spregevole” incassare quei soldi. Se mi danno dell’assassino, e un tribunale riconosce che quella è una calunnia, e infligge una pena pecuniaria al calunniatore, perché il risarcimento non mi spetterebbe con pienezza di diritto? Dove sarebbe il “bieco cinismo”? Il risarcimento non spetta a chi ha subìto il torto? E non gli spetta a maggior ragione, se per ottenerlo è costretto a “lunghe e (addirittura) cruente battaglie legali”? Beppino Englaro “voleva il silenzio”, certo, ma quello è stato rotto dalle urla, dagli insulti e – appunto – dalle diffamazioni, molte delle quali con l’aggravante della diffusione a mezzo stampa. Adesso è giusto che non voglia il silenzio, ma una parola qualificata che faccia chiarezza: se non un giudice imparziale, chi potrà mai dirla? Senza quella rimarrebbe solo l’eco delle parole del cardinal Barragán, del senatore Gasparri e degli altri. La conosciamo un poco, signor Englaro, e sappiamo che l’esortazione è superflua, ma ce la faccia fare lo stesso: proceda.
| inviato da malvino il 5/3/2009 alle 11:36 | |
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